Un team dell’Università di Oxford è riuscito a determinare che il residuo arancione trovato all’interno di alcuni recipienti in una necropoli a Paestum presentava tracce chimiche di miele. Un team dell’Università di Oxford ha risolto una disputa durata settant’anni sul contenuto di alcuni vasi di bronzo rinvenuti nel 1954 in un santuario sotterraneo a Paestum, una città nel nord Italia. Attraverso diversi studi, è stato possibile determinare che il residuo arancione all’interno di questi recipienti presenta una firma chimica compatibile con il miele, probabilmente sotto forma di favo e depositato come offerta. Il lavoro, pubblicato di recente sul Journal of the American Chemical Society (JACS), ha riesaminato i campioni con un approccio multimodale e ha corretto le analisi precedenti che avevano escluso la presenza di zuccheri. I ricercatori hanno trovato tracce chimiche tipiche del miele e della cera d’api: zuccheri come il fruttosio e proteine tipiche della “pappa reale”, oltre a frammenti di proteine dell’ape comune (Apis mellifera). Lo hanno confermato con una tecnica di laboratorio che identifica le sostanze in base al loro peso, nota come spettrometria di massa, e confrontandole con favi moderni e test che simulano il passare del tempo.  Si è conservato per 2500 anni perché il bronzo del recipiente ha rilasciato ioni di rame, che fungono da disinfettante naturale: frenano i microbi e aiutano a mantenere gli zuccheri e le proteine. L’American Chemical Society ha diffuso immagini del materiale studiato e ha sottolineato che, sebbene le prove puntino con forza al miele, gli autori non escludono la presenza di altri prodotti apistici. Dal punto di vista archeologico, i vasi facevano parte di un heroön – un santuario dedicato a un eroe fondatore – del VI secolo a.C. nell’antica colonia greca di Poseidonia, poi ribattezzata Paestum. Cronache specializzate ricordano che il miele era considerato un simbolo di immortalità ed era comunemente usato nei rituali greci. La rilettura del complesso ha beneficiato dell’arrivo di uno dei pezzi all’Ashmolean Museum, che ha permesso di prelevare microcampioni secondo protocolli di conservazione per questa ricerca.

Precedenti in Egitto

Lo scorso aprile, una spedizione archeologica franco-egiziana ha scoperto nella città di Luxor, sulle rive del Nilo, un imponente tempio eretto in onore di Ramses II. All’interno del sarcofago c’era un deposito che conteneva olio d’oliva, grasso e vino, conservati in recipienti rimasti intatti per secoli.

Le analisi hanno confermato che questi prodotti erano associati a offerte, probabilmente di carattere rituale, fornendo nuovi indizi sulle pratiche alimentari e simboliche delle civiltà antiche.

Il ritrovamento, avvenuto in una zona di difficile accesso e poco esplorata, ha colpito non solo per l’antichità dei materiali, ma anche per le condizioni ambientali che ne hanno permesso la conservazione.

Gli archeologi hanno sottolineato che la chiusura ermetica dello spazio e la stabilità termica al suo interno sono stati fattori chiave per la conservazione in condizioni eccezionali dei prodotti organici fino ai giorni nostri.